14 ago 2025

Li facioletti

 Li faciolettiiiiiiiii

so' mejo delli fratiiii 

so' benedettii 

Anni orsono, le famiglie di periferia avevano a disposizione l'orticello nel quale si sbizzarrivano a coltivare qualcosa per arrivare meglio a fine mese, peccato che oggi questa tradizione si è persa, specialmente nelle grandi città ove i prezzi di ortaggi, frutti e verdure son impazziti, nonostante la manodopera gratuita importata dal terzo mondo. 

Siamo abituati oggigiorno a vedere e comprare qualsiasi ortaggio in tutto l'anno, esclusi ancora i carciofi le fave e i piselli che vengono surgelati, ortaggi e  verdure che  anche d'inverno si producono nelle serre con spreco di energia, prezzi assurdi, sapori modificati e gran dispiacere della Greta, qualora se ne fosse accorta 

Mio padre, agli ordini della consorte, piantava facioletti (ital. fagiolini), pomodori, bieta, sedani, qualche melanzana, carciofi, cicorione, qualche volta zucchine, ma noi figlioli passavamo l'estate con i pomodori ed i fagioletti e qualche frittata di zucchine, i fagioletti particolarmente ci accompagnavano per tutta l'estate e quelli che non venivano consumati andavano cotti in acqua ed aceto e messi sott'ojo per l'inverno, ché allora si producevano solo d'estate.

Ecco, tutto questo per dirvi che quest'anno con i facioletti ho indovinato tutto, semi giusti, qualità e zona dell'orticello ove piantarli e ogni volta che li raccolgo ringrazio il signore con il canto spontaneo sgorgato dal cuore e dalla panza di un romantico conoscitore profondo di ortaggi e verdure tanto da saper apprezzare il valore di un facioletto raccolto, pulito e mangiato nello stesso giorno.   


solo per ragazzi minorenni per imparare bene l'inglese, ripetete a voce alta una volta al dì

19 commenti:

Franco Battaglia ha detto...

Kilometro zero! Che meraviglia.. poter disporre di tanta grazia a portata di cucina.
Però pure il supermercato sotto casa bene o male assolve al compito.. ;)

UnUomo.InCammino ha detto...

La terra è bassa, l'orto richiede innaffiature impossibili se sei in vacanza, l'orto richiede terra non disponibile in città, conurbazioni, periferie cementificate.
Uh che bella pagina!
Purtroppo quando si è abituati alla mediocrità della ortofrutta della GDO semplicemente non si conosce la qualità di ciò che viene dall'orto e quanto è scadente ciò che viene dal super/iper mercato.

Anonimo ha detto...

Dovremmo tornare a barattare,te mi dai fagiolini che non è stata annata ed io ti do zucchine che non so più come cucinarle e conservarle.
Non solo orto ,riscoprire i sapori delle verdure di campo ,saperle riconoscere raccogliere , mondarle e cucinarle .Un arte in via di estinzione .siamo troppo social .

blogredire ha detto...

Con le tegoline(così chiamiamo i fagiolini)ho un cattivo rapporto,anche quest'anno sono piccole e striminzite,forse il terreno troppo argilloso non so,il prossimo anno voglio anch'io partire dal seme.

Anonimo ha detto...

Come da tradizione, Natale e Pasqua comprese, anche a Ferragosto mi ritrovo a scrivere. Solo che quest’anno la penna è più calda della sabbia di mezzogiorno, e la carta brucia prima ancora di appoggiarla sul tavolo.
Si dice che il mare unisca, che la spiaggia sia democratica. Ma oggi la democrazia è a noleggio: trenta euro al giorno per un ombrellone che, a metà pomeriggio, ti abbandona all’ombra del nulla. E allora, cambio di rotta: tutti in montagna, che lì l’aria è gratis. Peccato che l’aria gratuita non includa il manuale di sopravvivenza: gli elicotteri continuano a raccogliere escursionisti fai-da-te come funghi avvelenati, perché il selfie in cima vale più del cervello che ci è arrivato.
Sul fronte politico, invece, siamo alla versione “frullatore”: ogni dichiarazione è un blend di promesse e indignazioni di giornata, con il sapore indistinguibile di chi ha messo troppa salsa per coprire la carne avariata. Il governo parla di “ripartenza” con lo stesso entusiasmo di un bagnino che spiega la bandiera rossa a chi non sa nuotare, mentre l’opposizione fa la parte del turista con il secchiello bucato: tanto rumore, ma l’acqua scappa via.
E la religione? Lasciatela stare, non perché innocente, anzi, ma perché ormai è solo un ingrediente tra tanti nel grande frappè universale che beviamo ogni giorno. La verità è che questo blend non lo hanno inventato i preti, né i politici: lo prepariamo noi, ogni volta che mettiamo like senza leggere, che applaudiamo senza capire, che ci indigniamo a giorni alterni. Ferragosto, quindi, come tutto il resto dell’anno: una grigliata collettiva dove nessuno sa davvero cosa sta cuocendo, ma tutti sanno che, a fine giornata, resteranno solo ossa spolpate e piatti di plastica sparsi.
Buona festa. E occhio agli elicotteri.
G

Anonimo ha detto...

Inutile partire dal seme, se il seme è già stato addomesticato in laboratorio e brevettato dalla multinazionale. Non è più un germoglio, è un prodotto: sterilizzato, calibrato, pronto a obbedire alle regole di un mercato che fa ridere solo chi ci crede. Così oggi il contadino del futuro non semina più: compra, trapianta, obbedisce. E noi, in fila al supermercato, ci convinciamo che il facioletto abbia ancora il sapore di quelli raccolti all’orto di papà. Ma alla fine, che tu pianti il seme o la piantina, l’orto è sempre nel cortile di qualcun altro. Ti lasciano zappare, annaffiare e sudare, ma il raccolto vero se lo portano via loro. E quando ti accorgi che pomodori e fagioletti sanno tutti di plastica o di brevetto, è già tardi: la terra non è più tua, e forse non lo è mai stata. Il resto è nostalgia in saldo. Ecco la morale finale: non è la fatica che ti ruba il raccolto, è chi decide cosa vale davvero. E noi, mentre mordiamo il facioletto perfetto in estate, impariamo ogni giorno che la libertà coltivata in saldo non ha mai avuto sapore.
Ps: per tutti quei poveri cristi che non usano il seme originale.
G

blogredire ha detto...

Mamma mia,con i pomodori sono salvo,coltivo solo una vecchia varietà che mi ha passato tanti anni fa il mio vecchio e fu zione.

UnUomo.InCammino ha detto...

Osservazioni importanti. L'industria delle sementi, come quella della cultivar, è responsabile di molti gravi problemi. Anche le coltivazioni, la agri-coltura, vengono sempre più parcellizzate, specializzate e questo comporta la riduzione a poche aziende sempre più grandi della gestione di una parte fondamentale dell'agri-coltura che è la semenza.
In generale c'è questo conflitto tra specializzazione e abilità generale, tra ottimizzazione e resilienza. La tecnologia comporta la formalizzazione delle conoscenze prima e la loro perdita, per mancanza di esercizio e di passaggio intergenerazionale.

Una volta osservate queste tendenze pluridecennali molto pericolose, non vedo scenari realistici per iniziare ad allontanarsi da essi e risolvere, almeno in parte, i problemi ai quali tali scenari condurranno inevitabilmente.

fracatz ha detto...

il più gran dolore per un coltivatore è quello di veder crescere le piante, vederle riempirsi di fiori e poi vederli cadere in terra senza che si trasformino in frutti

allegropessimista ha detto...

Ne ho piantato troppo. Oggi 2 giorni 2 kg Allegro da tablet è sparito tutto

Anonimo ha detto...

Il più gran dolore, dici? No, il dolore più grande non è vedere i fiori cadere senza frutti, ma vedere un ministro della Salute, come Schillaci, firmare e giustificare l’inoculazione di milioni di persone con un farmaco imposto in nome dell’emergenza, salvo poi scoprire effetti avversi, contraddizioni, silenzi colpevoli. Quello non è dolore naturale, quello è dolore prodotto a tavolino, scientificamente, con cinismo. Altro che fiori che non diventano frutti: qui sono state recise intere vite, annullati i diritti, piegata la medicina alla logica del potere.
G

Anonimo ha detto...

Sig.g
Ma lei non parla come coltivatore,immagino, poiché le continue sequenze contraddittorie che commettono certi ministri di una certa politica, richiedono di trascorrere tempo e dedizione che viene sottratta alla coltivazione del terreno.
Qui non solo bisogna fare i conti con l'aspetto controverso meteorologico del tempo ma pure a chi e cosa lo si dedica.

Andrea ha detto...

Il paragone col coltivatore non regge. Un contadino conosce il tempo e i suoi capricci, sa che la pioggia può essere troppa o mancare del tutto. Ma quando un ministro della Salute firma protocolli, decreti e obblighi che colpiscono milioni di persone, non si tratta di nuvole passeggere: lì c’è una responsabilità precisa, personale e politica. Non si può derubricare a “contraddizioni” ciò che ha significato vite spezzate e diritti calpestati. Non è il terreno che decide, ma uomini che hanno scelto scientemente di sacrificare altri uomini in nome dell’emergenza. E questo non è “tempo”, è colpa.

Anonimo ha detto...

Che sorpresa Andrea...
G

Anonimo ha detto...

Un contadino non può prevenire una grandine che scende dal cielo e distrugge la piantagione,ne conosce il rischio e certamente non demorde , e poi non tutti coltivano in serre anche se pure queste in caso di forti tempeste rischiano di essere spazzare via.
Andrea scrive giustamente che il paragone tra ministro della salute e coltivatore non c'entra ,in quanto c'è un netto contrasto tra tempo e colpa ,ma che mi dice del "terreno"..forse questo qualcosa in comune c'è l'ha?
Se siamo tutti su questo terreno un senso ci sarà ,il punto è che spesso il senso non ci accomuna soprattutto se l'intento è di fare i propri interessi a discapito degli altri.

Qui ci addentriamo già nell'aspetto politico e non se ne esce più.Spesso leggo di avversioni su chi pensa solo al proprio orticello o giardino,ma addentrandoci nel merito mi chiedo cosa c'entra il ministro della salute con questo :il più gran dolore per un coltivatore è quello di veder crescere le piante, vederle riempirsi di fiori e poi vederli cadere in terra senza che si trasformino in frutti.

A meno che non ci poniamo dall'alto con una visione più "divina" e percepire quanto la misericordia del Creatore possa essere infinita sempre amandoci .
Effettivamente il senso "terreno" più del tempo e delle colpe ci riguarda tutti.
Saluti

Anonimo ha detto...

Che colpa ho se Fracatz si butta sui fagiolini? Io ho parlato del dolore vero, quello dei fiori e delle piante che non danno frutti, e poi del dolore prodotto dalla politica dei ministri, come Schillaci, che firma protocolli e obblighi con effetti su milioni di persone. Non è tempo, non è terreno: è responsabilità precisa, scelta consapevole, cinismo organizzato. Eppure, eccoci qui: mentre io parlo di vite spezzate e colpe reali, Fracatz si perde nei fagiolini del suo orticello. Fatti suoi, direte? Certo, ma il fatto è che quei fagioli, alla fine, se li mangia solo lui. Nessuno lo vede girare a regalarli agli altri, nessuno ne condivide il frutto. Così, tra dolore naturale e dolore imposto, tra responsabilità politica e ortaggi autocelebrativi, il mondo continua a girare senza che molti capiscano la differenza.
G

Andrea ha detto...

E mo mangi con Fracatz… con i suoi prodotti si trasforma in sionista dei fagioletti!

fracatz ha detto...

Per i semi è un po' come per i vaccini, tu li compri e non sai cosa ti danno, li semini e poi loro pensano a tutto, magari arrivano a fiorire e poi guarda caso il fiore appassisce perché dovresti far analizzare la causa: troppa acqua ? troppa merda di cavallo? troppo sole? li ho piantati in posto sbagliato? lo scorso anno in quel posto avevo i pomodori, insomma non sono più i semi di mio nonno, né quelli di mio padre, succede pure con le fave e le zucchine, ortaggi così stupidi che una volta costavano due lire perché crescevano ovunque. Però quest'anno credo che li facioletti hanno avuto a loro favore il clima, ci deve essere una grande produzione, perché al mercato ora costano poco

stefanover ha detto...

Caspita, altro che orto, son cresciuto nella campagna veneta... orto animali da cortile, alberi da frutto.... ecc. ecc. ciaooooo ci sono di nuovo .