6 mar 2025

Farfalla marzolina


Giornata marzolina ed io, adolescente ero in visita dai miei nonni in campagna


Farfalla che aleggi in un giorno di marzo
e sbattuta dal vento rasenti la terra,
che pena tua vita in sì dolce paesaggio,
che balzi i tuoi voli
Sgomenta! Non vedi che nuda è la terra
ed avara de' splendidi fiori?
Eppur non rimpiangi tua vita,
lotti felice col vento, ignara de' splendidi giorni
che  pur tue sorelle vivranno,
più in alto dei fiori del pesco,
che fuggi, infelice, sbattuta dal vento,
lambita da un passero in volo.

31 commenti:

Anonimo ha detto...

Caro Fracatz,
Ho letto con attenzione il tuo ultimo post e non posso fare a meno di apprezzare la tua capacità di prendere la politica e la società di petto, incastrando i nostri sogni di cambiamento in un paesaggio tanto arido quanto ironico. La tua farfalla marzolina, che danzando nel vento sembra sfuggire alla sua stessa esistenza, mi ha fatto riflettere sull’ambiguità delle nostre aspirazioni: voliamo verso ideali altissimi, ma finiamo spesso intrappolati nelle forze che ci sovrastano, senza nemmeno accorgercene.
Ma c'è qualcosa di più in questa visione, qualcosa che tocca la nostra natura umana più profonda. Forse siamo tutti un po' come quella farfalla, cercando di trovare un senso in un mondo che sembra non offrire mai abbastanza sostegno, mentre noi continuiamo a sperare che, nonostante tutto, il nostro volo possa portare a qualcosa di meglio. Non possiamo ignorare che, in fondo, la lotta è la nostra essenza, e forse è proprio questa continua sfida contro il vento a rendere ogni nostro gesto, ogni nostro pensiero, così tremendamente umano.
Le nostre società si presentano come campi di battaglia dove le idee non si mescolano mai completamente con la realtà. La primavera, che tanto attesa, sembra sempre rimandata, e la nostra ricerca di fiori splendenti spesso finisce per essere tradita dalla scarsità che incontriamo. Eppure, non ci arrendiamo mai, nonostante la consapevolezza che la bellezza tanto desiderata è qualcosa di quasi illusorio, che sfugge quando meno te lo aspetti.
Forse siamo tutti intrappolati in questa lotta senza fine, sospesi tra ciò che speriamo e ciò che otteniamo, in un mondo che ci sbatte tra le sue forze naturali come un passero che si lancia contro la brezza. Eppure, proprio nella consapevolezza di questa lotta, potrebbe esserci una forma di felicità, una felicità che nasce dall'incomprensibile gioia di volare, di lottare per qualcosa che, purtroppo, non potremmo mai davvero possedere.
Forse non possiamo più pretendere di avere un futuro perfetto, ma possiamo imparare ad apprezzare ogni istante di resistenza, ogni piccolo battito d'ali che, nonostante tutto, ci spinge avanti.
Con il vento sempre in faccia,
Un pensiero libero.

Franco Battaglia ha detto...

Caro Fracatz, aspetiamo un passero bombardiero in volo radente a ricacciarci in gola tutti i progetti estivi.
Aleggiamo da un centro commerciale all'altro fino a che ci diranno di rimanere a casa. Sempre sia ancora in piedi.

Farfalla Legger@ ha detto...

Vuoi dire che il passero se la magna? Aiutoooo 🤣💚👋

Anonimo ha detto...

Mi hai fatto sorridere. SL

Anonimo ha detto...

Perdon🙂 PL

fracatz ha detto...

tranquilla, grazie agli animalisti che ignorano che le bestie grosse se magneno quelle piccole, oggi ci avemo solo gabbiani, cornacchie, corvi, pappagalli verdi e smerdaioli piccioni.
Gli umani non possono sparare e così addio ai cardellini, verdoni, canarini, fringuelli ed addirittura ai passeri che una volta necessitavano del grano avvelenato dei contadini per esser tenuti sotto controllo

Anonimo ha detto...

Risposta PL
Mi sembra che tu stia attribuendo troppo valore al concetto di lotta come qualcosa di innato nella natura umana. Sì, è vero che la vita comporta sfide, ma non è questa la misura di una vita ben vissuta. Se siamo sempre condannati a lottare contro il vento, non si finisce per cadere nella trappola di una miseria permanente? Le società, come le idee, non sono e non devono essere campi di battaglia. Non possiamo più permetterci di esaltare la sofferenza come qualcosa che ci definisce, perché finiremmo per normalizzare l'incapacità di progredire, di costruire qualcosa di concreto, di umano. La lotta perpetua non è un atto di eroismo, ma una prigione psicologica che non ci permette di crescere. La bellezza, nonostante le difficoltà, esiste, e non possiamo rimanere rassegnati all'idea che il nostro sforzo sia sempre destinato a fallire. C'è un valore, più che nell'ideale del volo incerto della farfalla, nel mettere radici e nella ricerca di un equilibrio duraturo. La speranza non è una condanna a inseguire chimere, ma è la capacità di costruire un futuro che non ci lasci sempre con il fiato corto.

Anonimo ha detto...

Se davvero pensiamo che la lotta sia una prigione psicologica, allora rischiamo di perdere l'unico stimolo che ci spinge ad andare avanti. La bellezza e la speranza non sono un'alternativa alla sofferenza, ma ne sono il contrappunto. A volte, nella vita, è proprio l'atto di lottare per qualcosa che ci fa comprendere il suo vero valore. Quando rinunciamo a vedere il senso della lotta, finiamo per vivere una vita che non è più nostra, ma quella che ci viene imposta dalla società, una vita vuota e senza significato. La radice del nostro essere non si trova nella tranquillità, ma nell'incertezza, nell'impossibilità di riuscire mai del tutto, eppure continuare a provare. Questo è l'unico modo per forgiarci, non solo come individui, ma come esseri umani in un mondo che, purtroppo, non offre garanzie. Se non siamo capaci di accettare la lotta, non saremo mai in grado di apprezzare la bellezza che nasce dal superamento di essa. La vera bellezza si trova nel caos, nel disordine che precede la creazione. Quindi, forse, la farfalla non sta danzando invano: sta vivendo.
PL

Farfalla Legger@ ha detto...

A meno male! Altrimenti povera mia 🤣🤣🤣 abbraccio siempre 💚👋

Anonimo ha detto...

Che saggio ragionamento, Fracatz! Giustissimo, chi non ha mai pensato che il nostro problema principale sia la scarsa disponibilità di passeri, piuttosto che il futuro delle terre rare o chissà cos'altro. D'altronde, si sa, in un mondo dove il grano diventa il bene più prezioso, è evidente che la geopolitica non si muove più per risorse strategiche o questioni economiche, ma esclusivamente per assicurarsi una scorta infinita di cibo per uccellini. Forse la guerra in Ucraina, sotto sotto, non è che un complotto segreto dei passeri per tornare a dominare il mondo, rubando il grano che tanto amano, mentre noi umani, poveri ignoranti, non facciamo altro che seguirli come sempre, senza accorgerci di nulla. Del resto, se non proteggiamo i passeri, chi lo farà? 😆
PL

MaratonetaGiò ha detto...

Sai perché continuo a lottare nonostante la mia età? Perché durante la mia vita, alcune volte ho vinto battaglie contro venti potentissimi. Era impensabile poter contrastare tale potenza ma quando la mia vittoria si è presentata, la gioia è stata veramente appagante. Serena giornata.

fracatz ha detto...

Cari ragazzi, non ci capisco più niente, questa settimana i commenti da singapore si sono ridotti a 83 ed in testa c'è
Germania 1.138
Austria 1.040
Italia 803
la russia ne ha solo 11, probabilmente mi stanno seguendo per via che adesso dovremo comprare un po' di bombette.
Approfitto dell'occasione per dirvi che "Anonimo" non sono io che commento senza fare il log-in e lo ringrazio come tutti Voi per il tempo sprecato da queste parti.
Speramo bbene, speramo

fracatz ha detto...

cari raga, fatevi 4 risate, leggete il mio post "Perché la guerra ?" del 20-2-2025 e vedete come hanno bloccato tutti i loro linki (che prima funzionavano) messi nella parte in cui dicevano come fare i soldi con le criptovalute

Anonimo ha detto...

Caro MaratonetaGiò, capisco perfettamente ciò che dici, e la tua testimonianza risuona come un’eco potente di verità. La lotta, che si manifesta nei momenti più difficili della vita, non è solo una resistenza a forze che sembrano invincibili, ma è anche, e forse soprattutto, una sfida alla nostra stessa condizione umana. In fondo, non è la vittoria che definisce il nostro cammino, ma la capacità di alzarsi, di affrontare il vento che ci sovrasta, di continuare a spingere quando tutto sembra dirci di fermarci. Ogni battaglia vinta, ogni sofferenza trasformata in gioia, non è altro che il segno della nostra esistenza come esseri umani. Non è la lotta stessa a definire la nostra miseria, ma piuttosto la nostra reazione alla difficoltà. In un mondo che sembra spingere costantemente verso l’individualismo, la solitudine della sofferenza, è proprio nel coraggio di lottare che si scorge la nostra capacità di resistere. La lotta non è mai fine a se stessa, ma è una via per riscoprire il valore di ciò per cui lottiamo, un percorso che, pur carico di fatica, ci porta a una realizzazione profonda. Ogni passo, ogni resistenza, diventa un atto di creazione, di costruzione, qualcosa che ci segna come esseri umani in un mondo che spesso ci fa sentire come se fossimo alla deriva. La vera bellezza non nasce dall’assenza di lotta, ma dalla sua presenza. Lottare, non solo per ciò che vogliamo, ma per qualcosa che ci permette di crescere, di evolverci, ci permette di toccare quella bellezza che, seppur nascosta nel caos, è sempre pronta a emergere. E in questa lotta, in questa continua sfida contro il vento, si nasconde una forza che ci forgia, che ci insegna che la vita non è fatta solo di momenti di quiete, ma di attimi in cui riusciamo a danzare nel mezzo di una tempesta, senza mai smettere di cercare la luce che ci guida. La tua vittoria, MaratonetaGiò, non è solo la tua. È un simbolo di tutti noi che, nonostante l’età, non smettiamo mai di lottare. In ogni vittoria c’è un mondo intero che ci dice che possiamo farcela, che la lotta, per quanto ardua, è il solo modo per sentirci davvero vivi.
Serena giornata anche a te. PL

Anonimo ha detto...

Che sorpresa! Mi sembra che qualcuno abbia scoperto che la ricetta segreta per fare soldi con le criptovalute non è poi così "segreta" se si sono affrettati a chiudere tutti i link. Chissà, forse per evitare che qualcuno diventi milionario senza nemmeno alzarsi dal divano! Mi raccomando, non smettete di credere nei miracoli digitali, perché un giorno, chissà, potreste diventare ricchi come per magia… o almeno così dicono quelli che hanno i link giusti, finché non vengono misteriosamente "disattivati". 😜 PL

allegropessimista ha detto...

Un saluto anche da qua

MaratonetaGiò ha detto...

Volevo sottolineare all'anonimo che sono una vecchia signora e lottare per una donna è ancora più arduo. Buona giornata.

Anonimo ha detto...

Fracatz, vado io con gli auguri o ci pensi tu? Ah, giusto, meglio che lo faccia io, che tanto rischi di dimenticartene! Auguri a tutte le donne, quelle che riescono a fare tutto con stile, a chi non ha bisogno di un superpotere per essere super, e a chi, nonostante tutto, continua a sorridere. Oggi è il vostro giorno, ma diciamo la verità: siete fantastiche ogni giorno dell’anno!

fracatz ha detto...

Auguri a titti, ommini e donne, per quest'ultime direi di farla finita di farsi rappresentare dalle solite paracule, perchè poi non tutti gli ascoltatori sono fessi e facilmente obnubilabili come i mortidifame del bobbolo.
Allora, escludiamo il pubblico ed il parapubblico, perchè credo che una maestra guadagni quanto un maestro ed una deputata quanto un deputato, nel privato i padroni assumono maschi e femmine al minimo previsto dai contratti sindacali, poi, siccome i padroni devono stare ben attenti a come spendono i loro denari se vogliono restare sul mercato allora sarebbero dei cretini a pagare di più quelli che non rendono e siccome io ho lavorato sempre in aziende private, vi posso garantire che un sacco di belle fimmine quatambiavano di più di tanti maschi per via degli affari che facevano concludere alla loro azienda.
Certo poi le donne non possono accedere a tanti lavori con partita iva, tipo idraulici, meccanici, elettricisti, etc. e quindi dicono che quatambiano meno, ma allora fateve dà un'indennità di sesso da chi governa, anche se, secondo me, il loro sesso parte già molto avvantaggiato

Anonimo ha detto...

Fracatz, sempre così politicamente corretto e profondo nei tuoi pensieri! Ma guarda, se le donne guadagnano di più grazie agli 'affari' che concludono, allora è chiaro che la prossima volta che voglio fare una 'trattativa', vengo direttamente da una 'femmine che quatambia'. Perché diciamocelo, se hai capito come far fiorire il mercato delle 'quote rosa'... beh, ci mettiamo a vendere acqua sul Sahara! Non ci avevo pensato prima, ma ora so dove investire. E poi, riguardo a chi dice che le donne non hanno accesso a certe professioni con partita IVA, basta fare un po’ di pratica su Google, e voilà! La metà di noi si trasforma in idrauliche, elettriciste e meccaniche in un battito di ciglia, tanto la mentalità del 'è sempre stato così' non ha mai fermato nessuna. D'altronde, se un'azienda privata paga di più le 'femmine che fanno affari', magari è solo perché le stesse 'femmine' sono più sveglie a evitare tutte le riunioni in cui si parla di numeri senza mai guardare la calcolatrice... E ti dico solo che, al prossimo 'potere' femminile, mi prendo un'indennità di sarcasmo, così ci divertiamo ancora un po'!
Una buona serata a tutti voi...

fracatz ha detto...

mica tutte guadagnano di più perché portano al padrone grossi affari, ci sono anche quelle brave a risolvere i problemi che l'azienda le affida, mentre molti maschi se ne fottono, sono inaffidabili, incapaci di vedere al di là del naso, insomma il padrone privato sarebbe fesso se non premiasse chi è più bravo e tutti gli altri comunque hanno il minimo sindacale

Anonimo ha detto...

Fracatz, che splendida riflessione! Mi hai fatto sorridere, ma devo dire che hai colto un punto fondamentale: il mondo degli affari non è solo una questione di genere, ma di capacità di fare i conti e di essere affidabili. Ma chi lo avrebbe mai detto che le donne, quelle stesse donne che a malapena riescono a trovare il giusto rossetto per la giornata, stiano mettendo a segno ‘affari’ che farebbero invidia a chiunque abbia un portafoglio più grosso di un libro di economia? Diciamoci la verità: non basta solo "fiorire" i numeri, no, no! Serve pure quella cosa che molti uomini pensano di possedere, ma che raramente usano: l’intelligenza organizzativa, la capacità di gestire e comunicare senza mandare tutti in crisi nervosa alle prime riunioni. Eppure, guarda caso, le donne ci riescono sempre. Magari mentre cercano anche di non confondere l'email del capo con quella della parrucchiera. Talentuose multitaskers, senza dubbio. E poi, c’è sempre il tema delle “femmine che quatambia” (il termine tecnico per "quelle che se la cavano alla grande" per chi non lo sapesse). Queste, senza nemmeno battere ciglio, si fanno strada in settori che, fino a ieri, erano terra sacra dei "maschi con la chiave inglese in mano". Oggi? Se una donna vuole fare saldature, imparare a smontare una macchina o domare un motore, lo fa con eleganza, tacchi alti e una precisione che potrebbe far impallidire anche l’ingegnere che fa la sua pausa pranzo al bar a chiacchierare di politica. Ma certo, queste "femmine" non hanno tempo per il teatrino, hanno gli affari da fare. E in una trattativa, mentre il povero maschietto ancora si chiede quale faccia mettere nella videochiamata, lei è già lì a firmare con un sorriso da film, dicendo: "Abbiamo chiuso, passiamo al prossimo capitolo della giornata, va bene?" E ora, l’argomento tanto amato: il "minimo sindacale". Ah, il minimo sindacale… che delizia! È come quella zia che, ogni volta che ti vede, ti dice: “Stai bene, ma dovresti metterti un po’ più di trucco, non credi?” Il famoso "minimo sindacale" è quella roba che ti viene proposta come punto di partenza. "Ehi, non preoccuparti, fai il minimo, tanto arriva lo stipendio!" Ma ecco, quelli che ci si accontentano, parliamo di chi va avanti con la mentalità della "zona di comfort", hanno davvero capito il segreto del successo: galleggiare, aspettare il flusso, mentre gli altri, quelli con un minimo di visione, si fanno il mazzo per fare qualcosa di più. Perché, diciamocelo, chi vuole restare nel comodo “minimo sindacale” quando può, con un po’ di sforzo, fare di più e magari anche ottenere una promozione che fa brillare gli occhi? E poi, sai, se non rischi, tanto vale restare a casa a guardare Netflix, no? Nel contesto del "potere femminile", è proprio divertente osservare come molte donne non si fermano al minimo sindacale, ma vanno ben oltre. Creano un valore che va a prendersi tutto il pacchetto, senza che nessuno possa dire nulla. Non solo si liberano dalle etichette preconfezionate, ma riscrivono anche il manuale del successo, un capitolo alla volta. Anzi, si potrebbe dire che mentre qualcuno cerca ancora di fare i conti con le regole del gioco, loro sono già a inventarne di nuove, di quelle che non puoi nemmeno immaginare. Sai, quelle regole che nessuno osa sfidare, ma che con un po’ di audacia si rivelano il passaporto per un successo che va oltre ogni limite. E il minimo sindacale? Oh, quello è solo una fase storica da archiviare, un concetto che farà parte del "quando eravamo giovani" nelle storie raccontate dai nonni.
Quindi, alla fine della fiera, chi ha davvero capito la lezione non è chi sta al "minimo sindacale", ma chi ha avuto il coraggio di osare, di rischiare e di riscrivere il manuale di tutto. Il segreto non sta nel rispettare il minimo, ma nel superarlo con un sorriso, un contratto in mano e, magari, una bella battuta da fare in sala riunioni. Perché, ammettiamolo, la vera forza sta nell’inventare, innovare e, soprattutto, far ridere tutti mentre lo fai!

Anonimo ha detto...

Risposta Anonimo 08:53:00

Siamo tutti troppo concentrati sull'apparenza, sul "minimo sindacale" e su come le donne abbiano dimostrato di poter competere e vincere in ambienti dominati dalla logica maschile. Ma questo non è altro che una grande illusione. Le cose non sono mai così semplici. La realtà è che il mondo degli affari, così come ogni altro settore, si regge su un'incessante lotta di potere, dove i numeri, le strategie e il controllo sono ciò che davvero conta. È un errore pensare che le donne abbiano solo bisogno di un sorriso e di un pizzico di eleganza per farsi strada: la vera forza, infatti, si trova nella brutalità della competizione e nella capacità di manovrare senza scrupoli. In questo senso, le "femmine che quatambia" non sono altro che una versione più sofisticata del machismo: non c'è niente di nuovo, niente che non fosse già stato fatto prima da chi ha avuto l’intelligenza di dominarne le regole senza farsi ingannare dalla trappola della perfezione estetica o dell'apparente equilibrio emotivo

Anonimo ha detto...

Risposta ad Anonimo ore 09:16:00
Ti sbagli, le contraddizioni emergono quando ci si lascia accecare da una visione tanto cinica quanto ristretta della realtà. La competizione e il dominio che alcuni celebrano come la vera essenza del successo sono solo parziali e anacronistici. Non si può ridurre il valore umano o professionale a una semplice lotta di potere. Quello che spesso sfugge a chi è troppo preso dalle logiche tradizionali della gerarchia e del "gioco" è che la vera forza non sta nel sopraffare l'altro, ma nel trasformare e migliorare continuamente se stessi. Le donne, nella loro capacità di bilanciare intelligenza e empatia, stanno ridisegnando le regole del gioco. Se il "minimo sindacale" si ferma al compromesso, chi ha la visione più audace, quella che spinge a riscrivere il concetto di successo, non si ferma a "giocare" secondo regole che servono solo a perpetuare un sistema che ha smesso di essere efficace. Se qualcosa è cambiato, è proprio la capacità di navigare tra forza e vulnerabilità, senza dover per forza aderire agli stereotipi. Perché il vero potere sta nel reinventare e saper affrontare le sfide con una forza che non ha bisogno di nascondersi dietro il cinismo o la competizione cieca.

Anonimo ha detto...

Risposta Anonimo 09:40:00
Alla fine dei conti, la realtà è che tutti questi ragionamenti sulla trasformazione e la reinvenzione sono, per lo più, utopie. La vita non è un palcoscenico dove si può scegliere di cambiare le regole ogni volta che ci fa comodo. La verità è che il successo si basa su un insieme di principi ben consolidati: rigore, determinazione e una certa dose di opportunismo. Chi cerca di reinventarsi o di pensare fuori dagli schemi, nella maggior parte dei casi, non fa altro che allontanarsi dalla sostanza e farsi travolgere dall'emotività. La forza vera non è nella gentilezza o nell'empatia, ma nel mantenere il controllo, nel sapere quando usare la manipolazione, nel tenere il gioco sui propri termini. Il mondo degli affari e della competizione è un campo di battaglia, dove chi pensa di avere la "visione" è destinato a perdersi. Non si può prescindere dal potere, dal dominio, dalla capacità di manipolare la situazione a proprio favore. Tutti questi discorsi sull’intelligenza emotiva o sulla resilienza non fanno altro che mascherare una verità semplice: chi ha il potere e lo usa, vince. Chi cerca di essere il "buono" o il "corretto", inevitabilmente finirà schiacciato dalle logiche più crude e concrete della realtà.

Anonimo ha detto...

Risposta ad Anonimo ora 10:39:00

Parlare di manipolazione e potere come se fossero il punto d’arrivo di un percorso professionale non è solo miope, ma rischia di scivolare nel disastro più totale. Il dominio che si celebra in alcune di queste riflessioni è una forma di debolezza travestita da forza. La vera potenza, quella che dura nel tempo e che crea valore, non si fonda sul controllo, ma sulla capacità di adattarsi, di evolversi e di rimanere ancorati a principi più alti. Quella visione dell'affermazione basata sulla "rigorosità" e sul "manipolare le situazioni" è una riflessione da chi ha paura di essere sfidato, da chi teme che la propria posizione possa essere messa in discussione. Se il successo non è altro che un gioco di opportunismo e cinismo, allora sì, forse è vero che chi non scende a compromessi soccomberà, ma solo temporaneamente. Perché il vero vincente, quello che davvero lascia il segno, è colui che non ha paura di mettersi in gioco, di fare errori, di mostrarsi vulnerabile. E no, non è un errore cercare di restare fedeli ai propri valori. La manipolazione non è la chiave, ma una trappola che consuma. Il vero "potere" risiede nel saper creare relazioni autentiche, nella volontà di costruire una comunità, nel saper crescere senza bisogno di schiacciare gli altri. Ignorare questa verità è come blindarsi in una gabbia dorata di illusioni che, per quanto brillanti, alla fine non servono a niente. La vera forza è quella che non ha paura di rimanere umana, di affrontare la vita senza bisogno di usare gli altri come pedine in un gioco di potere, ma valorizzandoli come esseri con un valore intrinseco che va ben oltre la mera utilità.

Anonimo ha detto...

Risposta Anonimo 11:06:00
Nel mondo moderno, c'è un'illusione diffusa che la realizzazione personale si trovi nell'autoaffermazione, nel riscrivere le regole e nell'andare oltre il minimo sindacale. Ma questa è una favola. La realtà è che non è il coraggio o l'audacia a determinare il successo, ma la capacità di adattarsi alle norme e alle strutture che governano il sistema. Il cambiamento, in realtà, è solo una facciata; ciò che conta veramente è l’essere parte del sistema, non l’essere "contro". Chi cerca di reinventare le regole o di ribaltare il gioco finisce per essere un outsider, uno che non fa altro che creare il caos senza mai arrivare a una vera realizzazione. Non importa quanto "potere" o "indipendenza" cerchi di costruire: senza un sistema solido e consolidato su cui basarsi, tutto diventa sabbia nelle mani. E alla fine, il "gioco di potere" rimarrà sempre il vero motore della società. L’idea che l’empatia o la ricerca del bene comune possano essere la base del successo è una visione naïve e pericolosa, una fuga dalla realtà che non porta a nulla. La competizione è l'unico linguaggio che conta; il resto è solo un’illusione.

Anonimo ha detto...

Risposta ad Anonimo ora 11:32:00

Accettare passivamente la "solidità del sistema" non è altro che un ammettere di essere prigionieri di un ordine obsoleto che, alla lunga, è destinato a franare. La visione che celebra il "compromesso" e la "stabilità" come chiavi del successo è quella di chi ha paura di affrontare la vera sfida: il cambiamento. Chi vive nel "sistema consolidato" non è altro che un ingranaggio che alimenta una macchina destinata a ripetere gli stessi errori. Essere un outsider non significa essere perdenti; significa avere la visione per cambiare le regole del gioco. È facile cadere nell’illusione che l’adattamento passivo sia la soluzione, ma è proprio questa mentalità che ha condotto la società e i suoi modelli a un punto di stallo. La vera forza non sta nel mantenere lo status quo, ma nel rompere gli schemi e nell’immaginare un futuro diverso. L’idea che la competizione crudele sia l’unico motore della società è una trappola che lega la mente e l'anima a logiche retrive. Le vere menti brillanti non si accontentano mai del "minimo sindacale" imposto dalle convenzioni, ma hanno il coraggio di riscrivere il futuro. Se non rischi, non cresci. E il "gioco di potere", come lo descrivi, è solo un’ombra di ciò che potrebbe esserci oltre: una comunità di individui pronti a sfidare il sistema e a costruire qualcosa di realmente nuovo.

Anonimo ha detto...

Chi sei anonimo delle 11:32?

Anonimo ha detto...

Oh, mi scuso per il mio anonimato, ma non sono che un "apprendista poeta" in cerca di un po’ di vento sotto le ali. Come ogni grande rivoluzionario che si rispetti, ho deciso di operare nell’ombra... o, meglio, tra le pieghe di un libro di poesie marzoline e una risata sommessa. Chiamami come vuoi: forse il "misterioso osservatore" del cambiamento, oppure il "sospetto portatore di farfalle distratte". Ma se ti serve un nome, chiamami pure... l'eroe che combatte contro i venti della banalità!

Anonimo ha detto...

Buona giornata a tutti, cari compagni! Quando passeggio o vado a lavorare, vedo solo persone morte. E sono anni che li vedo, sempre gli stessi, senza mai un accenno di cambiamento. Il che mi fa riflettere: ma cosa mangiano questi morti? Perché, a giudicare dalla loro energia, devono seguire una dieta esclusivamente a base di niente. Zero entusiasmo, zero vitalità, come se l’unico pasto che conoscessero fosse l'aria, servita con un contorno di indifferenza. Forse fanno parte di una nuova tendenza di benessere, quella che promette di vivere a lungo senza mai fare un movimento e, soprattutto, senza mai mostrarsi davvero vivi. Un'idea geniale, direi, considerando quanto siano esperti nel sembrare presenti senza esserlo mai veramente. D’altronde, è un’arte rara, quella di vivere come zombie nel pieno rispetto della modernità.