4 ott 2018

La dignità del lavoro

I giovani mortidifame hanno bisogno di lavorare, non perchè nel lavoro ci sia automaticamente connaturata la dignità, ma perché col lavoro il giovane mortodifame può sopravvivere pagandosi le sue necessità materiali. Non credo che i lavori stabili siano e diano dignità, che è una prerogativa del carattere individuale della persona, basti pensare a tutti quegli statali che in vari modi si sottraggono ai loro doveri lavorativi e poi quando vanno in pensione prendono tutti anche la causa di servizio e sarebbe interessante che la rai ci facesse sapere quante sono le cause di servizio che NOI contribuenti stiamo pagando magari da più di 20 anni a gente che essendo stata dichiarata malata sarebbe già dovuta morire da almeno 10 anni ed effettuare così un'operazione di recupero di quei soldi. Anzi visto che ci siamo voglio mettere questa norma nel programma del nostro partito degli under 70.000, cioè di concedere la causa di servizio solo se la morte del pinzionato statale avvenga entro 10 anni. La dignità del lavoro, tanti, come gli artigiani, sono costretti a praticarla, altrimenti dopo qualche anno perderebbero tutti i clienti. Tornando alla dignità stabilita per decreto, invece bisognerebbe praticare anche altre vie per sostenerla, ad esempio tornare ad una scuola selettiva qual'era tanti anni orsono, quando non c'era bisogno di test d'ammissione alle varie facoltà universitarie perché coloro che uscivano dalle scuole superiori ricoprivano a mala pena i posti, tanto da incentivarli con borse tipo il presalario, un milioncino di lire che veniva buono come anticipo per un appartamentino, la mia prima casetta fuori roma. Una volta reinserita la scuola selettiva si possono abolire le centinaia di lauree che servono solo a creare frustazione in chi non superato il test di medicina poi dovette ripiegare su una di esse, lo so si perdono tanti bei posti da insegnante che svolto come oggi di certo non dà dignità ma solo sopravvivenza molto dignitosa e ricca però solo per i docenti universitari da quando vennero equiparati agli altri caporioni alla guida dei destini di un generoso immaginifico bobbolo. Oggi come oggi, tutti con la laurea in tasca e con pochi posti da direttore generale o amministratore delegato disponibili è chiaro che il giovane se ne stia sul divano di casa in attesa di eventi, mentre il 90% di loro con una scuola selettiva sarebbero potuti diventare artigiani e contadini, anche se per i secondi, dovendo cambiare tipo di coltivazioni per una maggiore redditività, in quanto i prodotti tradizionali come pomodori, melanzane e frutta oramai vengono tutti dall'estero, la vedo dura perché già ci pensano i migranti a praticarle. Così mi pare che si possa ancora concludere con "lavora chi ha fame" come me lo ricordava papà Amilcare che ogni tanto lo ripeteva ai suoi figli per tramandare la saggezza popolare. 

3 commenti:

pasqualedimario ha detto...

a Frà quanno me affacciavo dalla balconata e vedevo all'orizzonte la pianura pontina me dicevo fra me e me " anvedi, quanno c'era lui almeno un tozzo de pane de cittadinanza te l'armediava". ovviamente se fornito de tessera come ancora da noi in piddinia deteriore. poi c'è stato l'urbanesimo e le fabbriche del partito

fracatz ha detto...

èh, bej tempi quelli dell'agro pontino, quanti picconi, quante pale e quanti polentoni a lavorà. Oggi dei riti polentoni so' rimaste solo le feste dei borghi estive, dove con poco la gente mangia, beve e se diverte fino a notte fonda, magari sotto il campanile della parrocchia, chè i veneti al contrario dei romagnoli erano tutti devoti e pii

Sara ha detto...

Hai ragione. Non capisco perchè non ti abbiano votato in tantissimi. Poi non dimentichiamo che chi non lavora,non fa l' amore.