
A volte succede, che mentre vi appassionavate nelle vostre ricerche spirituali più gradite, il solito furbetto nella terra dei caki invece si faceva bene le sue cosine, i cazzi sui per capirci meglio.
Ero tutto preso nel cercare la soluzione migliore per il piccolo tempo di vita rimastomi, tanto da pensare se fosse meglio trasformarmi in neutrini e spostarmi alla velocità della luce per guadagnare qualche secondo in più di vita da passare poi in un universo parallelo dove magari il tempo scorre al contrario, tanto da riportarmi indietro negli anni e riuscire a rientrare nell'utero della mia dolce mamma, quando l'occhio invece mi capita su questa notizia capace di riportarmi immediatamente nella nostra triste realtà giornaliera, regalataci dai nostri attuali caporioni scelti anche questa volta dal nostro dolce caro amato variegato generoso immaginifico bobbolo di destra sinistra e centrum.
Ma come, diche ie, abbiamo stroncato gli ospedali, le scuole, non ci sono soldi per le case bobbolari e tu foraggi, ovvero butti soldi per queste cazzate?
Già mi rodeva il culo perché questo paraculo era venuto da noi, usufruiva delle nostre mense dei poveri (a detta dei nostri mezzi comunicativi) e poi ammazzava moglie e figlioletta tanto da farsi rincorrere dalla nostra sensibile justicia che lo vuole indietro dalla grecia cosicché il nostro amato bobbolo possa mantenerlo in un carcere a vita e poi vengo a scoprire della sua paraculaggine al confronto della quale gli imbroglioni del reddito di cittadinanza appaiono come dilettanti.
Che figura de merda, ancora soldi agli amici degli amici mentre il bobbolo aspetta 2 anni per una visita medica, il bobbolo dovrebbe ora aspettarsi almeno il taglio delle mani ai ladri che hanno contribuito o si accontenterà delle solite chiachiere?
I soldi non dovrebbero buttarsi mai, neanche se ne avessimo in abbondanza ed il bobbolo deve pretendere delle punizioni esemplari ai caporioni che lui si continua a scegliere ogni 5 anni, specialmente in questo caso in cui si regala una consistente fetta della torta ad un cittadino di un altro paese, quasi a voler ricambiare tutti quei pacchi di cibo che ci diedero loro dopo la fine della guerra, sui quali però era scritto chiaro e nella nostra lingua: "Dono del popolo Americano".
solo per i lettori maschi e minorenni
35 commenti:
Il bello Andrea, non si tratta nemmeno più di “emergenza” o “caso limite”: è sistema, è prassi, è core business del declino. Uno chiede un tax credit per un film inesistente, viene premiato con un bonifico pubblico, ringrazia uccidendo moglie e figlia, scappa all’estero e lo Stato italiano, con zelo e servilismo, si mette in moto per riportarselo a casa, non per giustizia, ma per mantenerlo in carcere come se fosse un ospite in mezza pensione. E intanto chi ha truffato e chi ha autorizzato, promesso, firmato, erogato… tutti a posto. Nessuno paga. Anzi, magari nel frattempo stanno già progettando un altro film, magari ambientato in un’Italia in cui i coglioni pagano e i criminali fatturano. Il titolo? “Il grande raggiro, finanziato dal Ministero della Cultura, patrocinato dal Popolo Sovrano”. Epilogo già scritto: nessuno si dimette, nessuno si vergogna. Solo il bobbolo si arrabatta tra visite mediche negate, affitti impossibili, figli disoccupati e mutui da strozzini. Ma guai a reagire, ché poi ti danno del giustizialista. Tanto alla fine c’è sempre un talk show dove il criminale diventa “fragilità sociale” e il fesso sei tu che lavori, voti, paghi le tasse e muori in sala d’attesa.
G
Eccolo, senza anestesia Andrea, l’ennesima scena di questo film-truffa in cui gli unici a pagare il biglietto, a prezzo maggiorato, siamo noi. Rexal Ford non è l’eccezione, è il logo ufficiale di un Paese dove il Ministero della Cultura distribuisce tax credit come coriandoli a carnevale, i burocrati timbrano sulla fiducia, i politici applaudono in conferenza stampa e i media impastano la merda con lo zucchero per farla sembrare tiramisù. Il copione è collaudato: chi firma il finanziamento “sbaglia modulo”, chi incassa si dilegua con la sceneggiatura fantasma, chi dovrebbe controllare fa spallucce perché “mancano le risorse”, le stesse risorse che magicamente ricompaiono quando c’è da garantire assistenza legale, vitto, alloggio, canali satellitari e dieta personalizzata all’assassino di turno. Intanto, se tu non versi quattro euro di bollo auto ti pignorano l’ombrellone in spiaggia; se un pensionato si ammala deve prenotare la TAC nell’altra vita; se un insegnante chiede carta igienica per la classe deve presentare un progetto PNRR. Questa non è solo complicità, è una catena alimentare: in cima i predoni col tesserino, sotto i predoni col casellario, alla base i tonti col 730 in mano. E ogni volta che qualcuno osa chiedere conto di sprechi, frodi e morti ammazzati, partono i comitati d’accoglienza con le loro parole-camomilla: inclusione, fragilità, complessità. Traduzione: zitto e paga, ché l’Italia è la patria del bello e quindi del ladro. Ma ricordatevi: quando arriverà il redde rationem non basteranno più gli hashtag e le conferenze stampa; serviranno le ricevute di tutto quello che avete sottratto, un centimetro di intestino alla volta, al popolo che finge di addormentarsi ma intanto affila i coltelli dell’odio sociale. Non ci sarà pietà, perché la pietà ve la siete già mangiata insieme ai finanziamenti, alle rate dei mutui altrui e al futuro di chi vi mantiene.
G
Magari con tutta questa pubblicità, se fanno uscire il film che dicono aver girato qualcuno lo guarda e recuperiamo qualche soldo
Questo criminale e assassino è riuscito a scipparci un milione di euro. Noi abbiamo lavorato una vita e abbiamo due pensioncine da morti di fame. Per arrivare alla fine del mese devo fare i doppi salti mortali e poi leggo questa notizia che ha il potere di rovinarmi la giornata. Ciao.
Hai ragione, Allegropessimista… non avevo considerato l’indotto dei popcorn. Magari con questa pubblicità ci facciamo pure un sequel: “Il ritorno del tax credit”, vietato ai minori di 18 anni e ai contribuenti onesti. Alla fine, tra biglietti, popcorn e Coca Cola sgasata, forse rientriamo delle spese… o almeno paghiamo metà stipendio al cassiere del cinema. In fondo siamo un popolo generoso: prima gli diamo i soldi per girarlo, poi pure quelli per guardarlo. E se avanza qualcosa, ci compriamo il fazzoletto per piangere.
G
Infatti Andrea, 🎬 “In Italia non servono sceneggiatori: basta riprendere la realtà. Il problema è che qui i film finiscono sempre con i titoli di coda… sui nostri conti correnti.”
G
mizzica, questa su Pierino (P maiuscola obbligatoria anche se io sono soltanto Piero e faccio ridere in modo più complicato) è davvero forte per quanto verissima
Alla fine, il mondo della cultura in Italia è come un pozzo senza fondo: butti dentro soldi pubblici sperando di tirar su un film, e invece tiri su sempre la stessa cosa… un secchio pieno d’aria e qualche fattura gonfiata. E guai a dire qualcosa, perché subito partono i piagnistei: “Così si uccide il cinema italiano!”. Ma quale cinema? Quello che non gira film, ma gira solo i soldi? Quello dei registi fantasma, dei produttori senza scrivania, degli attori presi a giornata come comparse di un funerale culturale?
Il vero spettacolo è vedere come riescono a venderti la miseria come arte. E intanto chi ha davvero talento resta a casa, a scrivere storie che nessuno produrrà mai perché non hanno amici nei ministeri o nei fondi regionali. Questa non è cultura, è clientelismo con i sottotitoli. E la cosa più tragica è che, a forza di finanziare il nulla, ci stanno togliendo pure la voglia di sognare. Perché il cinema, quello vero, nasceva per far sognare il popolo. Oggi invece lo usano per fotterlo meglio.
G
Questo è il quadro Andrea: politici amici che straparlano di cultura e racconti “sovversivi”, spiano dati riservati, firmano consulenze a insaputa di tutti, assegnano fondi milionari e poi scompaiono tra le poltrone. Mentre il ministro recita un rosario di incompetenza scientifica (Colombo+Galileo), nomina 18 fedelissimi su un piatto d’oro da 50 milioni, e porta l’amante in ufficio, tu cittadino, guardi, sbigottito, e intanto il cinema vero affoga nella miseria.
È uno spettacolo talmente grottesco che nemmeno nei peggiori racconti di consumismo culturale. Un’orgia di arroganza, ignoranza e squallore finanziario: dietro le veranda patinate si smistano fondi pubblici come se fossero noccioline, e poi ti ricordano che “non è cultura da tagliare”. La morale? Se questa è la cultura sotto Meloni, meglio smettere di chiamarla cultura.
G
Sti cazzi Andrea, le nomine sono state fatte pochi minuti prima delle dimissioni, ignorando il nuovo ministro entrante? Non lo sapevo...grazie
Quindi Andrea, fammi concludere a me: Il solito gran finale all’italiana: un ministro della Cultura che, prima di mollare la poltrona, firma 18 nomine come se fossero gratta e vinci, piazzando amici, fedelissimi, giornalisti di area e figure decorative in una commissione che gestirà 50 milioni di euro di fondi pubblici. E non contento, regala pure a ciascuno un bel gettone di presenza da 15 mila euro l’anno, tanto per gradire.
Ma la vera opera d’arte non sono le nomine, né i soldi stanziati per film che forse non vedremo mai. La vera opera d’arte è la faccia di bronzo con cui riescono a venderti questa marchetta come “rilancio del cinema italiano”. Rilancio di chi? Di quelli che non hanno mai girato nemmeno un cortometraggio con l’iPhone, ma sanno compilare moduli e farsi amici nei ministeri.
Intanto i registi veri si fanno prestare la casa della zia per girare scene, gli attori fanno i camerieri per sopravvivere, e il cinema italiano continua a scivolare nell’oblio tra remake inutili e fondi mangiati dai soliti noti.
Questa non è cultura, è clientelismo con sottotitoli e musiche originali a spese nostre. E quando arriva un ministro nuovo, la prima cosa che trova sulla scrivania sono le nomine dell’altro, come un cane che marca il territorio prima di sparire. Ma tranquilli, la colonna sonora è pronta: si chiama “La Truffa Continua”, e sarà finanziata con i prossimi 50 milioni.
A me, comunque, me pare che er bobbolo sia ben rappresentato, altro che quei mortidefame der partito degli under 70.000
Alla fine Andrea, tutta questa retorica sui bandi regionali per l’imprenditoria giovanile è solo un’altra commedia all’italiana. Parlano di “futuro”, “innovazione”, “startup”, ma la realtà è semplice: aziende create per incassare il finanziamento e chiuse dopo sei mesi, bar mai aperti, attività agricole fittizie, business plan clonati da consulenti che scrivono lo stesso progetto per cento ragazzi diversi.
In Sicilia quasi la metà delle imprese finanziate chiude entro tre anni, in Calabria la Guardia di Finanza scopre milioni di euro sottratti da società mai esistite, in Campania e nel resto del Sud “Resto al Sud” si trasforma in “Prendo e scappo”. E la chiamano imprenditoria giovanile, quando in realtà è l’imprenditoria della truffa a fondo perduto.
E intanto i politici si fanno belli in conferenza stampa: sventolano numeri di nuove imprese come se avessero scoperto l’America, mentre i veri giovani con idee serie restano senza un euro perché non hanno amici nei palazzi o consulenti amici dei palazzi.
Questa non è crescita economica, è un mercato nero di fondi pubblici, dove l’unica azienda che prospera davvero è la truffa. E finché ci sarà un bando da compilare, ci sarà sempre qualcuno pronto a vendergli un sogno finto per incassare soldi veri.
E il Bonus Cultura che doveva servire ai diciottenni per comprare libri, andare a teatro, visitare mostre, arricchire la mente? Invece è diventato l’ennesimo bancomat di Stato per truffatori professionisti e commercianti compiacenti. In Campania un imprenditore ha truffato più di 800 ragazzi incassando 300.000 euro e spostando tutto all’estero, a Firenze la Polizia Postale ha scoperto un sistema di SPID falsi con cui si rubavano bonus a nome di ignari studenti per centinaia di migliaia di euro, a Catania hanno sequestrato beni per quasi 400.000 euro a un commerciante online che intascava i buoni cultura senza vendere nulla. E mentre bande di broker proliferano su Telegram comprando e rivendendo i buoni come fossero gratta e vinci, il Ministero si limita a dire “tutto sotto controllo”. In realtà è tutto fuori controllo, come sempre quando c’è di mezzo la cultura in Italia: finanziamenti che dovevano nutrire menti trasformati in contanti da broker, consulenti e truffatori con l’amico giusto in qualche ufficio regionale. E quando un ragazzo prova davvero a usare quei soldi per un corso o un biglietto del cinema viene guardato con sospetto, mentre i veri furbi continuano indisturbati a mangiarsi anche l’ultimo centesimo. Alla fine questa è l’unica cultura che conosciamo: la cultura della fregatura, l’unica che non smette mai di essere finanziata.
Alla fine tutto torna, anche leggendo questo post. Qui si parla di sprechi, truffe e soldi regalati a furbi di ogni risma, ma se allarghi un attimo lo sguardo vedi che è la stessa storia che recitiamo come Occidente. Ci scandalizziamo per un finanziamento buttato in un film mai girato, e intanto spendiamo miliardi per guerre che non risolvono nulla, per “esportare democrazia” dove serve solo proteggere i nostri interessi. Condanniamo l’imbroglio del singolo, ma applaudiamo quello istituzionale, quello ben confezionato nei summit e nei G7. È la stessa ipocrisia: a livello basso la chiamiamo truffa, a livello alto la chiamiamo strategia geopolitica. Ma sempre fregatura è, e a pagarla siamo noi. Alla fine, che sia un tax credit per un film fantasma o un missile per una guerra senza fine, il risultato non cambia: ci lasciano senza soldi, senza futuro, e con la coscienza pulita solo a parole.
Il problema non è che il film finisca male.
Il problema è che continuiamo a pagarne il biglietto,
sapendo già come andrà a finire.
Che dire delle consulenze d’oro nelle pubbliche amministrazioni? Ogni anno milioni di euro finiscono in consulenze esterne che duplicano funzioni già coperte da uffici interni.
Esempi recenti: Ministeri che pagano società di comunicazione per redigere piani strategici già previsti dagli uffici.
Comuni che affidano incarichi esterni per “piani di riorganizzazione” finiti in un cassetto. Enti regionali che appaltano studi legali esterni per difese ordinarie, mentre i propri avvocati restano senza cause da seguire.
Nel 2024, la Corte dei Conti ha segnalato in più regioni consulenze da 10-15.000 euro l’una per compiti di ordinaria amministrazione, con totale di decine di milioni all’anno.
la chiusa è troppo comica per esser vera, però chissà, nei paesi dei caki non ci son limiti alla decenza
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